È il microbiota intestinale, che potrebbe giocare un ruolo nei rapporti esistenti tra l’alimentazione e lo sviluppo delle forme tumorali. Ora si comincia a capire anche quali sarebbero gli elementi da tenere sotto osservazione in questo senso: si tratta di specifici batteri in grado di esprimere un gene che codifica per un enzima in grado di favorire le mutazioni nelle cellule umane. Il dato emerge da una ricerca condotta da studiosi del Brigham and Women’s Hospital di Boston, pubblicata su Gastroenterology.
Polichetide sintasi o Pks. Questo il nome di un particolare segmento genetico che codifica per l’enzima il quale, a sua volta, favorirebbe la trasformazione del Dna cellulare in senso negativo. Per giungere a questa conclusione gli studiosi hanno preso in esame i dati relativi ad oltre 130.000 persone, andando a concentrare l’attenzione sui rapporti tra abitudini alimentari e Dna dei ceppi di Escherichia coli identificati nel microbiota di pazienti con tumore del colon-retto.
In particolare, gli esperti hanno voluto vedere i ceppi batterici che in qualche modo sono portatori della caratteristica genetica Pks. Ed hanno visto che il modello dietetico occidentale è risultata associato, in ambito batterico, a tumori del colon-retto contenenti Escherichia coli positivi in quantità elevata per Pks. In caso di ridotta o assente presenza di Pks nei ceppi di Escherichia coli, invece, non c’era associazione con questo modello alimentare.
Secondo quanto riportano gli studiosi, questa osservazione sostiene l’ipotesi che le diete ricche di proteine animali, di cibi iperlavorati, di cereali raffinati e zuccheri semplici possano incrementare i rischi di sviluppare neoplasie intestinali anche attraverso questo meccanismo, mediato per l’appunto dal microbiota. Restano ovviamente da capire diversi aspetti, ma il passo avanti che questo studio comporta è sicuramente significativo ed esplica una volta di più l’importanza del microbiota per la nostra salute.