Il tutto, probabilmente, passerebbe attraverso un’azione specifica sul microbiota. Per questo gli alimenti ricchi in fibre con potenzialità prebiotiche e comunque in grado di offrire nutrimento positivo per un microbiota in salute (sia sul fronte qualitativo che su quello quantitativo) possono diventare un supporto alle cure.
A fare il punto sulla situazione, considerando non solo le fibre ma anche gli acidi grassi, sono gli esperti che si sono riuniti a Milano per CICON23 (International Cancer Immunotherapy Conference). Il dato principale, secondo Pier Francesco Ferrucci, direttore dell’Unità di Bioterapia dei Tumori presso l’istituto Europeo di Oncologia e presidente del Network Italiano per la Bioterapia dei Tumori è che non tutti i pazienti rispondono allo stesso modo. Da qui l’ipotesi, che ormai è diventata una certezza, che la composizione del microbioma intestinale di un paziente influenzi il successo del trattamento immunoterapico. “In sostanza, i pazienti che ospitano determinati batteri intestinali sembrano rispondere meglio all’immunoterapia rispetto ai pazienti che ne sono privi – fa sapere l’esperto”.
Ma non basta. Si studia l’ipotesi, basata su recenti evidenze scientifiche, che somministrare ai pazienti una dieta ricca di fibre potrebbe aumentare le probabilità che il trattamento contro il cancro sia più efficace. Secondo alcune stime, oltre il 60% delle cellule immunitarie del nostro corpo risiedono nell’intestino. Ma solo di recente si sono accumulate sufficienti evidenze secondo le quali questi microbi possono essere ‘modificati’ per influenzare positivamente l’esito dei trattamenti contro il cancro, compresa l’immunoterapia. In questo senso, oltre alla ricerca su possibili trapianti di microbiota con le feci, si lavora su diete ad hoc, ricche di fibre, in grado di modificare il microbiota in modo da renderlo “alleato” dell’immunoterapia. “A questo proposito stiamo pianificando un trial clinico su pazienti affetti da mieloma indolente – segnala Matteo Bellone, responsabile dell’Unità di Immunologia Cellulare presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano. Ai pazienti proporremo una dieta controllata ricca di fibre con l’obiettivo di comprenderne gli effetti, non solo sulla composizione del microbioma intestinale, ma anche sulle modificazioni metaboliche dell’organismo, sul decorso e sulla prognosi della malattia”.
Siamo solo all’inizio di un percorso scientifico. Qualche tempo fa Science ha pubblicato uno studio che correla chiaramente l’alimentazione ricca di fibre alimentari con il trattamento immunoterapico in soggetti che sono in terapia per il melanoma, il più temuto tumore cutaneo. Il punto d’incontro tra questi due aspetti apparentemente lontani è il microbiota intestinale. E proprio su questo aspetto si concentrano gli studi futuri, visto che l’alimentazione può influire sulla composizione della flora batterica e quindi (almeno questa è la speranza) agire anche sui risultati dell’immunoterapia antitumorale. La ricerca è stata condotta da un team che ha visto impegnati esperti del National Cancer Institute (NCI) e dell’MD Anderson Cancer Center dell’Università del Texas, considerando sia pazienti in carne ed ossa che modelli sperimentali della malattia. Ne è emerso che il consumo di almeno 20 grammi di fibre al giorno, a parità di trattamento immunoterapico, appare associato ad una sopravvivenza più lunga senza progressione di malattia nei soggetti con melanoma in fase avanzata. I pazienti erano sottoposti a terapia con bloccanti del checkpoint immunitario. L’ipotesi di lavoro che ne emerge è che consumando una dieta ricca di fibre, come frutta, verdura e legumi, si potrebbe migliorare la tua capacità di rispondere all’immunoterapia.