Che il microbiota rappresenti una sorta di “regolatore” del benessere è ormai acclarato, visti i molteplici ruoli che può giocare, direttamente o indirettamente, sulla salute. Ma ora viene chiaramente confermato come proprio la composizione dei batteri che vivono nel tubo digerente possa influire addirittura sulla concentrazione di specifiche cellule immunitarie circolanti. Quando il microbiota si modifica, insomma, possono cambiare anche gli “attori” del processo difensivo. A dirlo è una ricerca del Memorial Sloan Kettering, pubblicata su Nature.
Lo studio chiarisce come il microbiota agisca in pratica come invisibile “modellante” della risposta immunitaria. Sotto la lente d’ingrandimento degli scienziati, coordinati da Joao Xavier, si sono analizzate le caratteristiche del microbiota di soggetti con diverse tipologie di tumori ematologici, che quindi coinvolgono il sangue, ed in particolare soggetti sottoposti a trapianti allogenici, cioè da donatore. In queste circostanze infatti il procedimento prevede dapprima cicli di trattamento chemio e radioterapico per “azzerare” la produzione di cellule patologiche da parte del midollo osseo. Inseguito si procede alla somministrazione del midollo da donatore.
E’ evidente che nel periodo di “pulizia” del midollo la persona è particolarmente esposta al rischio infettivo e per questo si somministrano antibiotici, allo scopo di proteggere il malato. Ma questi possono avere un impatto anche sulla popolazione batterica endogena dell’intestino, con alterazioni pesanti sul microbiota che prima viene in pratica distrutto, poi riprende a svilupparsi col tempo. Da questa situazione molto particolare è nata la ricerca, che ha quindi preso in esame per oltre dieci anni prelievi fecali e del sangue di soggetti mentre venivano sottoposti al complesso procedimento di trapianto di midollo.
Fondamentalmente che già dai primi giorni di trattamento di preparazione al trapianto di midollo si verificano mutamenti davvero importanti nella composizione della flora batterica intestinale. In particolare si è visto che si assiste non solo a mutamenti nella composizione del microbiota, ma anche, di riflesso, di modificazione dei tipi di cellule immunitarie che entrano in gioco nei processi di difesa dell’organismo. Grazie a questa ricerca ed alla banca dati disponibile è quindi possibile oggi cercare di capire al meglio cosa accade e soprattutto pensare a ricerche che, in futuro, possano portare ad una ricostituzione” del microbiota particolarmente favorevole sotto l’aspetto dello stimolo alla reazione immunitaria dell’organismo.
Che il microbiota intestinale, all’epoca definito microflora intestinale, fosse un ingranaggio importante delle “difese naturali del corpo umano, lo aveva intuito il vincitore del premo Nobel del 1908, l’ucraino Elie Metchnikoff, il collaboratore di Louis Pasteur. Nella Parigi dei primi del secolo aveva intuito come i batteri dell’intestino potessero essere la linea difensiva contro una lunga serie di situazioni patologiche.
L’intuizione ha avuto poi più di un secolo di ricerche e evidenze scientifiche; da notare come le ricerche sul microbiota intestinale trovino spazio sulle più prestigiose riviste internazionali, come Nature e Science. In questo articolo l’argomento è delicato e intrigante: il microbiota come elemento da tenere in considerazione in oncologia, un potenziale “giocatore aggiuntivo” da affiancare alle terapie più avanzate.
Commento di Lorenzo Morelli, Presidente Scientifico Fondazione Istituto Danone