Microbioma e malattia di Alzheimer

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Recenti osservazioni sulla potenziale partecipazione di agenti patogeni all’insorgenza della Malattia di Alzheimer

La Malattia di Alzheimer (AD) è un disturbo neurodegenerativo ad andamento progressivo, ad oggi principale causa di invalidità cognitiva e comportamentale. Non se ne conosce ancora la causa, ma di certo il principale fattore di rischio è l’età.

Recenti ricerche suggeriscono il contributo di fattori epigenetici o ambientali al rischio di insorgenza di questa patologia. In tale contesto assume sempre più rilevanza il potenziale coinvolgimento di microrganismi patogeni: la maggior parte delle variazioni osservate nella Malattia di Alzheimer (come infiammazione, atrofia neuronale, aberrazioni immunologiche, amiloidogenesi, alterazione dell’espressione genica, deficit cognitivi) è anche vista come conseguenza di un’infezione microbica.

Ultimamente, grazie all’avvento di nuovi strumenti di indagine, l’interesse dei ricercatori si è molto spostato sul ruolo del microbioma sulla salute e sull’insorgenza di patologie; in particolare si indaga sulla capacità dei batteri del tratto gastroenterico di influenzare le funzioni immunitarie, neuroinfiammatorie, neuromodulatorie e dei neurotrasmettitori dell’uomo.

Analizzando i risultati di molteplici studi, appare chiaro che il Sistema Nervoso Centrale (SNC) è sottoposto a un continuo “attacco” da parte di un ampio spettro di microrganismi e di patogeni, o da molecole codificate anche a livello del microbioma, virtualmente in grado di contribuire alla patogenesi della Malattia di Alzheimer.

Un esempio? La Chlamydophila pneumoniae, che rilascerebbe antigeni extracellulari atipici nella neocorteccia cerebrale di persone affette da AD, tra l’altro nelle stesse regioni cerebrali in cui si formano placche amiloidi e ammassi neurofibrillari.

Molto interessante anche il ruolo che rivestirebbe il tratto gastrointestinale. Infatti, la maggiore permeabilità della barriera epiteliale che si registra con l’invecchiamento sembrerebbe facilitare lo spostamento di neurotossine prodotte dal microbiota verso il SNC, anch’esso meno protetto a causa di un aumento della permeabilità della barriera ematoencefalica (BEE) sempre legato all’età.

Tra le sostanze potenzialmente in grado di oltrepassare la barriera gastrointestinale, vi sarebbero le amiloidi prodotte da un ampio numero (tra l’altro in aumento) di batteri del microbiota intestinale. Le sostanze amiloidi sono utilizzate dai microrganismi a scopo funzionale (ad esempio per aderire alle cellule dell’ospite, per generare biofilm o come strumento di difesa), ma fungono anche da potenti attivatori dell’infiammazione e induttori di citochine e proteine del complemento. Una volta in circolo, quindi, potrebbero generare segnali patogenetici associati a patologie infiammatorie croniche, inclusa la Malattia di Alzheimer.

In conclusione, considerando la natura multifattoriale della Malattia di Alzheimer e i molteplici pathways biologici attraverso i quali i neuroni possono andare incontro a disfunzione, non sorprende un possibile coinvolgimento della popolazione microbica nei meccanismi patogenetici dell’AD, tantomeno l’interesse crescente sul controllo della composizione del microbiota per la tutela della salute. Non rimane quindi che attendere maggiori sviluppi della ricerca in tale ambito, e ipotizzare lo sviluppo futuro di strategie terapeutiche sulla base di queste nuove scoperte.

Board: Fondazione Istituto Danone

Fonte:
Hill JM et al, Front Aging Neurosci 2014; 6: 127 – PubMed.
Hill JM & Lukiw WJ. Front Aging Neurosci 2015; 7: 9 – PubMed.

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