Una dieta adeguata e bilanciata favorisce lo stato di salute del nostro organismo. In particolare nel mondo occidentale industrializzato è alta la frequenza di patologie croniche, tra cui l´obesitá o le malattie cardiovascolari, che sono altamente influenzate dalla nutrizione e dallo stile di vita.
Per aiutarci a seguire un´alimentazione sana e bilanciata, l´Italia, cosí come gli altri paesi, ha nel tempo sviluppato delle raccomandazioni nutrizionali che prendono il nome di “Dietary Reference Intake (DRIs)” e che forniscono range di riferimento per i diversi nutrienti.
Recentemente, però, all´attenzione per la nostra salute si sta anche affiancando una sempre piú crescente attenzione per la salute del nostro pianeta. Si stima che, a livello globale, i sistemi alimentari producano circa il 19-29% delle emissioni di gas serra. In Italia, solamente il settore dell´agricoltura contribuisce alle emissioni di gas serra globale per il 6.9%. Tra le modalitá piú efficaci per riuscire a ridurre le emissioni di gas serra, anche secondo gli obiettivi della Commissione Europea per il 2030, c´è proprio la possibilitá di modificare le abitudini alimentari. La produzione di diverse tipologie di alimenti, infatti, a paritá di quantitá, comporta diversi livelli di emissione di gas serra.
Recentemente, un gruppo di ricercatori italiani si è posto l´obiettivo di individuare consigli nutrizionali per la popolazione adulta del nostro paese, in grado di combinare le raccomandazioni dei DRI e in grado di ridurre il piú possibile le emissioni di gas serra. In altre parole: favorire contemporaneamente la salute del nostro organismo e del nostro pianeta.
Il modello proposto dai ricercatori abbassa le emissioni di gas serra del 50% e 43%, rispettivamente in donne e uomini, rispetto alle emissioni associate all´introito dietetico medio italiano. Gli autori dello studio hanno tra gli obiettivi principali anche quello di proporre un modello alimentare che sia pur sempre accattivante per noi italiani, qualcosa a cui saremmo in grado di abituarci senza stravolgere le nostre abitudini.
Ad esempio, propongono non la totale eliminazione, bensí la riduzione del consumo di carne rossa, la cui produzione è considerata ad alto impatto ambientale ed il consumo eccessivo fortemente sconsigliato. Nonostante la riduzione di carne, peró, il modello proposto permette comunque di compensare i livelli di ferro assunti con un aumento del consumo di legumi, vegetali e cereali che possono essere un´importante fonte di ferro. Spezie ed erbe sono da preferire al sale. Il tutto senza uscire dai range suggeriti dalle DRI italiane per calcio, colesterolo, zuccheri, fibre e zinco.
Occorre però leggere questa strategia anche alla luce di un altro parametro che consideri anche il benessere del soggetto: il miglior equilibrio tra nutrienti ed impatto ambientale. In una dieta sostenibile entrano aspetti altrettanto fondamentali come quelli economico e sociale e soprattutto c’è la necessità di “categorizzare” per abitudini alimentari e di consumi quanto si introduce.
Quando si parla di dieta sostenibile occorre cioè considerare i consumi che fanno riferimento a porzioni e frequenze, che devono essere rispettate. Infatti sia da un punto di vista nutrizionale, sia ambientale “la partita” della corretta alimentazione si gioca sulle quantità consumate.
Prendiamo ad esempio la colazione italiana: ha un impatto ambientale molto ridotto se, nel consumo, si seguono i consigli per quantità e per frequenza. Se confrontiamo le quantità di consumo di latte e yogurt delle linee guida americane con quelle italiane, si potrà osservare che le 3 tazze americane da 240 ml ciascuna consumate giornalmente hanno un impatto ambientale molto più importante. Infatti, l’impatto ambientale della colazione tipica della Dieta Mediterranea, riferita all’emissione di CO2 equivalente, è pari a circa 0,5Kg/die mentre il consumo di una colazione di tipo continentale è 2 volte superiore ed è pari a 1,65 Kg/die di CO2 equivalente.