L’attenzione all’indice glicemico giova al corpo e allo spirito

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Non è solo una questione di rischio di diabete di tipo 2: seguire una dieta costituita da alimenti a basso indice glicemico può aiutare a ridurre il rischio di depressione, anche nella terza età.

L’indice glicemico influenza il rischio di diabete di tipo 2

Il diabete di tipo 2 rappresenta una patologia sempre più comune, tanto da essere considerata una vera e propria emergenza sanitaria: un documento pubblicato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2016 dimostra che il numero di adulti che vivono con diabete è quasi quadruplicato dal 1980 ad oggi, a causa soprattutto di un aumento del diabete di tipo 2 e dei fattori che lo promuovono, come sovrappeso e obesità. Come ricordano gli esperti della Società Italiana di Diabetologia, sebbene il diabete di tipo 2 sia una condizione che interessa tutte le fasce di età, le diagnosi aumentano con il passare degli anni fino a raggiungere il 20,3% delle persone di età uguale o superiore a 75 anni in Italia.

immagine evocativa sul diabete di tipo 2

Altri dati italiani dimostrano che dopo gli 80 anni il diabete colpisce circa 1 persona su 4. Di fronte a tale scenario, numerosi esperti si sono domandati come intervenire per ridurre il rischio di diabete di tipo 2 attraverso l’alimentazione, concentrando a volte l’attenzione sull’indice glicemico (descritto in dettaglio nella sezione “Lo sai che…”), ovvero sulla capacità di un alimento di aumentare il livello di glucosio nel sangue. E stando a quanto emerso da un summit scientifico svoltosi a Stresa qualche anno fa, l’indice glicemico rappresenta un importante fattore di rischio per lo sviluppo di diabete di tipo 2 e una dieta a basso indice glicemico migliora il controllo della glicemia in persone che già soffrono di diabete.

Depressione e indice glicemico: un legame complesso

L’Organizzazione Mondiale della Sanità prevede che entro il 2020 la depressione sarà la patologia che occuperà il secondo posto in termini di peso sulla società tra tutte le malattie. Diversi studi sottolineano la possibilità che l’aumento della depressione sia legato ai cambiamenti dello stile di vita tipici delle società moderne, includendo tra questi anche il consumo di carboidrati e in particolare di alimenti ad alto indice glicemico. Guardando alle fasce di età più elevate, uno studio recentemente pubblicato sul British Journal of Nutrition, e condotto su due gruppi di persone di età superiore ai 55 e ai 60 anni, ha dimostrato che il rischio di manifestare sintomi depressivi è più alto in chi segue una dieta con alto indice glicemico rispetto a chi ne segue una ad indice glicemico basso.

Risultati simili sono emersi da uno studio condotto su donne in post-menopausa e pubblicato sulla rivista America Journal of Clinical Nutrition. Le ragioni di questo legame tra cibi ad alto indice glicemico e depressione non sono stati definiti in dettaglio, ma gli autori degli studi descrivono alcuni meccanismi che potrebbero almeno in parte spiegare i risultati. In primo luogo l’infiammazione, che risulta essere più elevata in conseguenza di una dieta ad alto indice glicemico potrebbe avere un ruolo anche nel determinare l’insorgenza di depressione. L’alto indice glicemico porta inoltre a sviluppare insulino resistenza, condizione che porta a deficit neurocognitivi simili a quelli osservati nei pazienti con depressione clinica. Infine, ma non certo meno importante, il consumo di fibre vegetali aiuta a tenere a bada i picchi glicemici e di conseguenza a limitare l’infiammazione.

“Aggiustare” la dieta in base all’indice glicemico

In un’epoca nella quale la popolazione invecchia sempre di più, lo stile di vita si fa sempre più sedentario e i tassi di obesità e sovrappeso sono in continua crescita, si presentano inevitabilmente nuove sfide per la salute pubblica inclusa in particolare la lotta a malattie croniche come il diabete di tipo 2 e le malattie cardiovascolari. Su questo tipo di patologie l’alimentazione può fare spesso la differenza anche nella popolazione anziana e in particolare i dati disponibili dimostrano che è possibile disegnare una dieta a basso indice glicemico che rispetti le linee guida di alimentazione sana per la terza età e che vada incontro ai gusti e alle esigenze (anche economiche) di questa popolazione spesso fragile. Ecco alcuni consigli degli esperti su come sostituire cibi ad alto indice glicemico con alternative più salutari.

Categoria Cibo ad alto IG Alternativa a basso IG
Pane Pane bianco Pane con lievito naturale, multicerali e integrale
Cibi amidacei PatateRiso bianco Patate novelle, lenticchie e altri legumiRiso integrale
Spuntini Cracker, merendine confezionate, barrette industriali alla frutta Frutta fresca, frutta secca, yoghurt magro, semi.
Latte e alternative al latte Latte di avena o di riso Latte vaccino scremato, yoghurt
Bevande Cocktail o bibite Acqua, succhi 100% frutta

IG: indice glicemico
Fonti:
1. Società Italiana di Diabetologia – Il diabete in Italia. Bononia University Press 2016.
2. WHO – Global report on diabetes. 2016.
3. Augustin LS, et al. Nutr Metab Cardiovasc Dis. 2015 Sep;25(9):795-815.
4. Gangwisch JE, et al. Am J Clin Nutr. 2015 Aug;102(2):454-63.
5. Gopinath B, et al. Br J Nutr. 2016 Dec;116(12):2109-2114.
6. Barclay AW. Maturitas. 2017 Feb;96:116-117.

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