Gli Italiani e il sale: un rapporto molto stretto

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Con uno studio ad hoc è stato fatto il punto sul consumo di sale e di potassio nel Bel Paese scoprendo differenze che dipendono dalla geografia, ma anche dal lavoro e dall’educazione.

 

Due micronutrienti sotto i riflettori

L’importanza dei micronutrienti – e in particolare di sodio e potassio – per la salute è confermata dai numerosi studi sull’argomento che vengono continuamente pubblicati sulle riviste specializzate. Uno di questi, recentemente pubblicato su BMJ Open, si concentra sull’Italia analizzando attraverso un semplice test delle urine, il consumo di sale e potassio degli Italiani. “Lo studio MINISAL-GIRCSI è stato pensato appositamente per valutare il consumo dei due micronutrienti in Italia e la popolazione coinvolta nella ricerca fa sì che i risultati siano una fotografia attendibile e piuttosto precisa dei consumi lungo tutta la penisola” spiegano gli autori del lavoro.

In effetti la ricerca ha coinvolto circa 4.000 persone, 100 uomini e 100 donne in ciascuna delle 20 regioni italiane, alle quali è stato chiesto anche di rispondere a un questionario per ottenere informazioni sociodemografiche su età, sesso, occupazione, e stile di vita (attività fisica, consumo di alcol, abitudine al fumo). Per completare l’analisi i ricercatori hanno anche raccolto i dati relativi a peso, altezza e pressione sanguigna. “Sappiamo che le differenze nello status socio-economico si riflettono spesso anche sulla salute” precisano gli autori sottolineando l’importanza di raccogliere questi dati per poter arrivare a ridurre tali differenze con strategie mirate.

Troppo sale e poco potassio

Sulla base dei risultati dell’indagine MINISAL-GIRCSI, in generale l’Italia non si discosta molto dagli altri Paesi occidentali per quanto riguarda sale e potassio. Questo dato non è certo rassicurante dal momento che si traduce in un consumo eccessivo di sale e in uno troppo scarso di potassio, abitudini scorrette che portano come conseguenza principale un aumento della pressione sanguigna. E la pressione troppo alta è un fattore di rischio importante per molte malattie cardiovascolari, inclusi infarto e ictus. Gli esperti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) raccomandano di consumare ogni giorno non più di 2 grammi di sodio (circa 5 grammi di sale) e almeno 3,5 grammi di potassio, ma i valori misurati sono ben diversi.

4 tipi di sale rappresentati in 4 cucchiai

“Gli Italiani consumano in media 9 grammi di sale e 2,25 grammi di potassio” affermano gli autori dello studio, ricordando che ci sono notevoli differenze nei consumi in base all’area geografica di residenza, alla professione svolta e al livello di educazione. In particolare il consumo di sale è molto più elevato nelle regioni del Sud rispetto a quelle del Nord, nelle persone con occupazioni meno qualificate rispetto a quelle con impieghi più qualificati e in chi ha un livello di educazione più basso rispetto a chi è laureato. Per quanto riguarda il potassio la situazione è leggermente diversa: i consumi sono più alti nelle regioni centrali della penisola, ma non sono particolarmente influenzati da livello di educazione e professione.

La dieta mediterranea cambia in peggio?

“I risultati della nostra ricerca fanno riflettere soprattutto perché riguardano l’Italia, un Paese dove la dieta mediterranea dovrebbe essere di casa” scrivono nella discussione gli autori dello studio ricordando che il regime alimentare mediterraneo del Sud Italia degli anni ’60 e ’70 del secolo scorso è stato preso a modello di alimentazione sana. Ma come evidenziano gli autori la situazione socioeconomica in queste aree è notevolmente cambiata da allora, così come il cibo che si porta in tavola. Il consumo di sale è più alto nelle regioni più povere del Sud Italia, il basso consumo di potassio riflette il calo nell’assunzione di frutta e verdura e il problema dell’obesità nelle regioni meridionali del Paese sta assumendo dimensioni preoccupanti soprattutto tra i giovani. Il tutto probabilmente legato a un aumento dell’acquisto e del consumo di cibi pronti e particolarmente ricchi di sale che spingono anche a una riduzione degli alimenti ricchi di potassio come legumi o frutta e verdura fresche, alla base della “vera” dieta mediterranea. “Tutte queste osservazioni possono guidare le strategie future messe in atto dalle autorità competenti per sensibilizzare nel modo corretto le persone a un’alimentazione più sana” concludono gli autori.

Board
Fondazione Istituto Danone

Fonti:
1. Cappuccio FP, et al. BMJ Open. 2015 Sep 10;5(9):e007467.
2. WHO. Guideline: Sodium Intake for Adults and Children.
    Geneva, World Health Organization (WHO), 2012.
3. WHO. Guideline: Potassium Intake for Adults and Children.
    Geneva, World Health Organization (WHO), 2012.

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