Le bevande zuccherate – siano esse bibite o succhi di frutta – possono giocare un ruolo nello sviluppo di sovrappeso e obesità che interessano bambini e adulti in tutto il mondo. Anche in Italia i dati sono preoccupanti seppur in leggero miglioramento rispetto al passato e secondo l’indagine OKkio alla Salute che coinvolge i bambini delle scuole elementari, nel 2014 un bimbo su 5 (20,9%) era in sovrappeso e uno su 10 (9,8%) obeso.
Ma non si tratta solo di questioni di peso. Un recente studio ha dimostrato che chi beve bevande zuccherate in genere segue un regime alimentare di scarsa qualità. Le ragioni sono molte e tra queste spicca il fatto che le calorie contenute in queste bibite non saziano e anche dopo un bel bicchiere di bibita non ci si sente sazi. Questo perché il nostro organismo, e il sistema digestivo in particolare, non è fatto per “bere” le calorie, ma per assumerle con il cibo. Discorsi simili valgono anche per i succhi di frutta, anche quelli senza zuccheri aggiunti: gli zuccheri sono molto più concentrati in un succo di frutta che in un frutto intero, che inoltre apporta anche fibre e aiuta i bambini a conoscere consistenze e sapori nuovi.
Gli inglesi li chiamano picky eaters. Sono le persone particolarmente “schizzinose” a tavola che tendono a consumare solo pochissimi cibi e magari solo se preparati in un certo modo. Questo comportamento è piuttosto frequente nei bambini ed è determinato da diverse cause: si va dalle diverse sensibilità personali a sapori, odori e consistenze dei cibi, all’imitazione dei comportamenti alimentari di genitori e amici, passando attraverso una gamma quasi infinita di motivazioni differenti.
Limitare la propria dieta a pochi alimenti, magari tutti dello stesso gruppo alimentare (pane, pasta e pizza sono tra i piatti preferiti di quasi tutti i bimbi italiani), rischia di avere conseguenze piuttosto gravi sulla salute e lo sviluppo di bambini e adolescenti che hanno bisogno di un’alimentazione varia e completa per crescere sani. Spesso di fronte a un figlio che rifiuta di mangiare determinati alimenti, i genitori “gettano la spugna” ripiegando sui cibi che incontrano il favore del piccolo, ma così facendo si rischia solo di peggiorare la situazione. Ecco qualche consiglio per superare la monotonia sulla tavola dei bambini.
Non è affatto semplice cambiare le abitudini alimentari di bambini e ragazzi, ma i genitori hanno di certo un ruolo di primo piano nell’influenzare le scelte a tavola dei più piccoli. E questa influenza parte sin dai primi mesi dopo il concepimento dato che le prime papille gustative si sviluppano già a 8 settimane di gestazione. Nei neonati il gusto è uno dei sensi più sviluppati e la mamma che allatta al seno può contribuire a “far assaggiare” al piccolo diversi sapori variando molto la propria alimentazione: il sapore del latte materno può in effetti influenzare le successive preferenze dei neonati.
La biologia però da sola non basta. Per l’essere umano l’esperienza del cibo va al di là del mero aspetto fisico e fisiologico e per questa ragione, per aiutare i bimbi a lasciarsi alle spalle gli errori alimentari, è importante anche il contesto nel quale si consumano i pasti. È un vero e proprio percorso di “educazione al gusto” che comincia in famiglia e prosegue poi a scuola e con gli amici. Per esempio si dovrebbe trasformare il momento del pasto in un’occasione per trascorrere tempo in famiglia, spegnendo la TV ed evitando litigi o argomenti pesanti e negativi. Numerosi studi hanno infatti evidenziato che il rifiuto di un alimento è spesso più legato all’esperienza negativa alla quale lo si associa (magari lo si è mangiato quando non si stava bene e sono sopraggiunti nausea e vomito) che non all’alimento stesso.
Board: Fondazione Istituto Danone
Bibliografia: