E non si discostano, fatte le opportune differenze legate soprattutto alle abitudini alimentari che vengono espresse nelle linee guida, da quelle che sono le indicazioni della PHD o Planetary Health Diet. Così, indirettamente, si comprende il valore dello studio condotto dall’Università di Harvard (autore corrispondente Walter Willett), in collaborazione con eminenti scienziati, pubblicato sull’American Journal of Clinical Nutrition che propone quest’ultimo modello nutrizionale come in grado di preservare la salute umana e l’ambiente.
Lo studio, come riporta una nota dell’ateneo americano, ha rilevato che il rischio di morte prematura è risultato inferiore del 30% nel 10% dei partecipanti più aderenti al PHD rispetto a quelli del 10% più basso. Ma soprattutto va ricordato il benessere “olistico” per l’organismo di un modello alimentare che riproduce molte caratteristiche di quello mediterraneo. Infatti, tutte le principali cause di morte, inclusi cancro, malattie cardiache e polmonari, sono risultate inferiori in chi ha mostrato una maggiore aderenza a questo modello dietetico.
Inoltre, i ricercatori hanno utilizzato i dati sanitari di oltre 200.000 donne e uomini arruolati nel Nurses’ Health Study I e II e nello Health Professionals Follow-Up Study. I partecipanti non avevano alcuna patologia cronica significativa all’inizio dello studio e hanno completato questionari dietetici ogni quattro anni per un periodo massimo di 34 anni. Le diete dei partecipanti sono state valutate in base all’assunzione di 15 gruppi alimentari – inclusi cereali integrali, verdure, pollame e noci – per quantificare l’aderenza al PHD. Si tratta del primo ampio studio che valuta direttamente gli impatti dell’adesione alle raccomandazioni contenute nello storico rapporto EAT-Lancet del 2019.
La “Dieta Planetaria” vuole essere una dieta “base” che i diversi Paesi, a seconda delle diverse culture e abitudini alimentari, “personalizzano” componendola con i prodotti di uso comune nello specifico contesto nazionale, rispettando gli impatti indicati nel modello. La dieta mediterranea ha alcune similitudini con questo modello alimentare “planetario”, ma anche alcune peculiarità distintive, come un maggior introito di frutta e verdura, cereali e latticini mentre la PHD propone un maggior consumo di frutta a guscio e di legumi
Da sottolineare tuttavia che l’applicazione diretta della PHD può esporre al rischio di carenze in micronutrienti¹ in particolare quelli caratteristicamente derivati da alimenti da fonti animali.
Fonte: https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0002916524003897?via%3Dihub
¹ Lancet Planet Health 2023 ; 7: e233–37